“SE CINQUE SONO (IN) UNO”

VISTA.
La vetrina, incrociata distrattamente a passeggio con la coda dell’occhio, non c’entra niente. Non sono certo i cartelli promozionali o, visto il periodo, le luminarie e i festoni natalizi ad avere il potere di orientare lo sguardo e farmi dirigere davanti a quel negozio. È infatti molto probabile che conosca già quali siano i titoli scelti per essere messi sotto i riflettori: non per saccenza, ma semplicemente perché poco prima (giorni, talvolta ore) mi sono già fermato davanti ad un’altra vetrina simile a quella. Chi si è trovato al mio fianco in queste occasioni già lo sa: è come se improvvisamente una forza sovrannaturale distogliesse la mia attenzione da qualunque cosa stia accadendo, col rischio di apparire perfino maleducato a chi mi sta parlando in quel momento. Non importa la città, non importa l’ora o la stagione, e non importa nemmeno se abbia o meno la necessità o il bisogno di entrarci. Perché in fondo non è tanto importante cosa si va a fare dentro una libreria e nemmeno se si vada a leggere. Gli occhi, come ipnotizzati da quella incolmabile vastità e resi ciechi a tutto quanto mi circonda, si protendono verso scaffali, banconi, corridoi che proteggono una realtà sconfinata. E sospinti dagli altri quattro sensi, ci chiedono di entrare.