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La vittoria che rende simpatici

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Non sono solito scrivere di calcio. In tanti (forse troppi) si cimentano: chi in modo più professionale, chi con toni più “da stadio”. E allora perché farlo? Perché cominciare proprio adesso?

Ho voluto far trascorrere qualche giorno dalla “sbornia di entusiasmo” seguita all’impronosticabile vittoria/rimonta della Roma sul Barcellona del 10 aprile scorso. Due doverose rivelazioni. La prima: sono romanista. La seconda: non credevo minimamente a nessuna ipotesi di rimonta. Ce ne sta anche una terza che segue le altre due: della suddetta “sbornia” si è ubriacato, ovviamente, anche il sottoscritto.

Ho atteso dunque. Ho voluto leggere le analisi tattiche, ascoltare le voci dei protagonisti, degli addetti ai lavori, ma anche dei tifosi (conosciuti e non). Ma soprattutto ho assistito da lontano a tutto l’interesse, la curiosità e, per certi aspetti, l’affetto che sono cresciuti verso la mia squadra del cuore. Una squadra che rappresenta una città unica al mondo (insieme alla Lazio, è vero, ma qui prevale l’”animo da ultrà”, perdonatemi) con una tifoseria – a detta di tanti – altrettanto unica. Eppure ogni stagione si perde l’occasione per fare il definitivo passo per consacrarsi tra l’élite del calcio e lottare fino in fondo per scudetti, coppe, ecc. Il tutto sempre a causa di pareggi/sconfitte inspiegabili, prestazioni talvolta improponibili, ecc.. Così più o meno ogni stagione, da circa una decina d’anni.

Intendiamoci, anche in questo caso potrebbe finire esattamente come le altre volte, sportivamente parlando, ovvero con un nulla di fatto. Eppure se anche così dovesse essere (facendo tutti gli scongiuri del caso, sia chiaro), la Roma avrebbe comunque vinto. O per meglio dire guadagnato. Anzitutto in termini economici (ad oggi gli incassi si attestano tra gli 80 e 90 milioni di euro, ma potrebbero essere ancor di più), e poi in notorietà internazionale. Battere in rimonta una delle 3/4 squadre più forti al mondo ti “regala” una bella fama e rende la squadra più prestigiosa agli occhi dei giocatori in sede di mercato.

Ma il “guadagno” maggiore secondo me è quello ottenuto in simpatia e considerazione da parte dei tifosi di tutte le altre squadre italiane, di vertice e non. Magari mi sbaglierò, ma le frasi di incoraggiamento pronunciate in questi giorni mi sono sembrate molto sincere e non dettate dall’italianissima pratica del “correre in aiuto al vincitore” (che poi vincitore in effetti non è). Questo sostegno, che cresce man mano che ci si avvicina al doppio confronto col Liverpool (domani l’andata ad Anfield Road), è certamente legato al fatto che la Roma è rimasta l’unica squadra italiana in corsa nella Champions 17/18. Ma poggia soprattutto su quell’impresa calcistica (la più grande rimonta di sempre nella storia del calcio italiano) che ci ha reso, comunque vada, più simpatici, nell’accezione greca del termine (“sum pasko”), ovvero la condivisione del pathos e quindi la sofferenza e l’emozione.

E’ un patrimonio di ammirazione e benevolenza da non dissipare, soprattutto se si pensa che di solito chi vince risulta quasi sempre antipatico e attira inevitabilmente le invidie delle altre squadre. Ecco perché mi piacerebbe che questa semifinale assumesse una dimensione molto più italiana, cosa che secondo me non è accaduta in passato nè con la Juventus (finalista nel 2017 e nel 2015), nè con l’Inter (vincitrice nel 2010). Troppo “vincente” la prima e troppo “squadrone” la seconda, quindi antipatiche. Nel nostro caso mi piace invece pensare ad un approccio molto più genuino e autentico, condito magari anche da inziali dubbi e pessimismi, pronti però ad essere spazzati via in un lampo da un gol inaspettato (quello di Dzeko), credendoci contro tutto e tutti (come nel rigore di De Rossi), per gioire senza freni con gli occhi sbarrati e gonfi di lacrime (come quelli di Manolas). E allora fatecelo fare ancora, sempre immaginando che non sarà possibile, perché così alla fine sarà ancora più bello urlare tutti insieme. Allo stadio, negli spogliatoi, nelle piazze, in macchina. Comunque vada: Sorridenti e…Simpatici.

P.S. A proposito dell’unicità dei tifosi della Roma, riporto un episodio di cui si è molto parlato, ma del quale non tutti forse erano a conoscenza. Dopo lunghissime code, col caldo anomalo di questi giorni, un giovane tifoso riesce ad arrivare finalmente al botteghino per acquistare il prezioso biglietto per la partita di ritorno all’Olimpico (in programma il 2 maggio). Ma proprio sul più bello, scopre che l’unico settore che si poteva permettere (credo i Distinti) era appena terminato (lo stadio Olimpico è tutto esaurito). Tutti gli altri biglietti avevano raggiunto prezzi impensabili, fuori dalla sua portata. Deluso e amareggiato, fa per tornare a casa, quando viene fermato da un altro sconosciuto tifoso che lo aveva preceduto. “La differenza, te la pago io, non posso vederti andar via senza biglietto e dopo tutte queste ore di fila”, gli si rivolge senza battere ciglio. E fin qui già sarebbe una scena romanzesca/cinematografica. Fatto sta che il giovane, visibilmente emozionato e con gli occhi lucidi, dapprima rimane interdetto, ma alla fine rifiuta l’encomiabile offerta. L’episodio però lo ha voluto raccontare in una lettera – pubblicata sul quotidiano “Il Romanista” – in cui tra le altre cose dice, rivolgendosi al misterioso tifoso “75 euro mi sono sembrati una cifra spropositata da accettare, anche se ti era bastato sapermi romanista come te per offrirmela senza pensarci un attimo; un fratello di cui non so nemmeno il nome”.

A proposito di “condivisione di emozioni”…