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L’insegnamento dell’ “acqua”

La forma dell'acqua-min

Il punto di partenza è sempre lo stesso: trarre l’insegnamento. Dagli accadimenti – più o meno fortunati – dalle parole pronuciate da chi ci circonda – più o meno conosciuto/a – da quanto abbiamo fatto – più o meno bene. A patto però che si sia fatto. Il segreto risiede proprio nel cogliere tale insegnamento anche laddove questo non si veda, quando non arrivi alle orecchie e agli occhi prima di essere elaborato dal nostro cervello. Un piccolo grande sforzo, un “fare” che può però risultare decisivo.

Si è detto e scritto molto riguardo “La forma dell’acqua”, plurititolato film di Guillermo del Toro, vincitore, tra gli altri premi, di 4 premi Oscar (Miglior Film, Regia, Colonna Sonora e Scenografia) e del Leone d’Oro a Venezia. “Gioiello”, “Incredibilmente Romantico”, “Potentemente Visionario”, insomma “Un Grande Film”. La trama è abbastanza nota ma, come si dice in gergo, eviterò comunque di “spoilerare” il finale.

Tra i tanti, ci sono un paio di aspetti che mi hanno colpito oltre, ad esempio, ai potenti e intensi colori delle ambientazioni e alle ricercate e commoventi colonne sonore. Il primo ha più una valenza cinematografica, il secondo ha a che vedere proprio con l’insegnamento. I “protagonisti” – Elisa (interpretata da Sally Hawkins) e il “Mostro” (dentro al quale si nasconde l’attore e mimo Doug Jones) – sono gli unici due personaggi che non parlano. L’una per una malformazione – è muta a seguito di un intervento alle corde vocali – e l’altro, diciamo così, per “natura”. Il loro linguaggio è quindi scandito dai gesti e vive soprattutto di sguardi.

Un espediente cinematografico, ma anche una caratteristica fondamentale del grande attore che, secondo lo stesso Del Toro, “è quello che sa anche guardare e ascoltare”. L’amore, la scoperta, la passione, ma anche l’imbarazzo e la paura. Dolce ma anche combattivo quello di Elisa, magnetico e terribilmente umano quello del Mostro. Dentro ai loro due sguardi c’è questo e molto altro, ma più in generale sono gli occhi di tutti gli altri personaggi ad essere “parlanti”, ad esprimere molto di più di quanto scritto nel copione. La perfidia e la violenza in quelli del Colonnello Strickland (interpretato da Micheal Shannon), o la bonarietà, il senso di protezione e aiuto in quelli di Zelda, la collega di Elisa (portata in scena da Octavia Spencer) e dell’amico Giles (un bravissimo Richard Jenkins).

Per diletto e per lavoro sono solito ricercare le frasi celebri dei grandi personaggi del passato, ma anche le battute memorabili dei film più noti, tra cui figura da ora anche “La forma dell’acqua”. Tra le tante già pubblicate su internet, non compare però quella che sto per citare: allora la voglio condividere qui nella sua apparente semplicità. “If we do nothing, neither are we”, ovvero “Se non facciamo niente, noi non siamo niente”.

Eccolo lì l’insegnamento, che Elisa “pronuncia” con le dita e con la commozione negli occhi, appunto. Un esempio di impegno, concretezza, responsabilità, ma soprattutto di ambizione. Ecco perché in Elisa, una donna comune, apparentemente senza grandi qualità, ci possiamo ritrovare in tanti. Quante volte infatti ci siamo detti “Cosa sono io?”, la stessa domanda alla quale Elisa si risponde “Nulla”. Eppure, dietro ai capelli ordinati, ad una vita più o meno sempre uguale, si nasconde qualcosa. Qualcosa che può in ogni momento cambiare la monotonia, rompere gli schemi, e renderci Qualcuno/a (con la q maiuscola). Una persona, un’attività, un dettaglio (o una “creatura”, come nel film) che però spesso non si palesa comodamente davanti ai nostri occhi: occorre uscire, aprire delle porte anche se non si sa cosa ci sia dietro, provare col rischio di inciampare, “guardare” dentro ad una vasca piena d’acqua, anche se vietato. Proprio come accade a Elisa, che appunto “fa”. E lo fa durante il suo lavoro, che di certo non la nobilita (è una semplice addetta alle pulizie), ma grazie al quale riesce finalmente ad “essere”, tirando fuori quelle doti che nemmeno sapeva di possedere. E il segreto per la sua meritata realizzazione dove risiedeva? Sotto l’acqua. L’elemento naturale senza il quale non potremmo vivere e che, parafrasando proprio il film, può assumere innumerevoli forme.

Le gocce sul finestrino, la pioggia che cade incessante o gli zampilli che fuoriescono dalla porta del bagno fino ad abbatterla. Spetta a noi “guardare” dove non avevamo ancora guardato: sopra, sotto, di lato, dietro, in fondo. E poi, una volta visto (o intra-visto), agire: come quasi ogni percorso non è facile e non è comodo, ma in fondo a quella vasca possiamo trovare amore, felicità, realizzazione e tutto l’”appagante” in cui avevamo smesso di sperare. La nostra vita può quindi assumere tutte le forme che le vogliamo dare, proprio come l’acqua, purchè ci si trovi pronti a conferirgliela altrimenti scivola sui nostri vestiti senza che ce ne siamo resi conto. Proprio come l’acqua.